Arte, perché?
In questo articolo, lettore mio interessato, (il maschile è solo per comodità, infatti vi sei compresa in primis anche tu lettrice, se si usa ancora dar la precedenza alle signore!) vorrei dire dell’attualità dell’arte, anche se oggi il bello è dispiegato in ogni dove.
Le “arti belle”, però, ci inducono a comprendere e riflettere su quello che gli eruditi individuano come “spirito del tempo”, che con parola più sintetica e forestiera vene individuato come Zeitgeist.
Ma quale tempo? Certamente il passato più o meno remoto, per poi dirigerci lentamente verso la contemporaneità, perché, come tutti sapete, siamo “nani sulle spalle dei giganti”.
Inizio, dunque, con una banale domanda: “È ancora attuale l’arte?” e rispondo con una altrettanto banale risposta: “l’arte è sempre attuale”, perché è una peculiare caratteristica della vita e perciò la si può trovare, soprattutto in Italia, in ogni luogo e tempo. Infatti, da che mondo è mondo gli artisti usano abilmente le immagini per farci riflettere su questo o quell’aspetto dell’esistenza insito nello spirito del tempo.
Ovviamente, allorché si parla di arte mi riferisco a tutte le arti: musica, poesia, teatro, racconto, immagine, video e così di seguito, che gli artisti chiamano “arte lunga”, sottraendo la frase, come tutti voi cultori della classicità sapete, al vecchio Ippocrate.
Ippocrate, per la verità, indicava la medicina col dire: “La vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione è fuggevole, l’esperienza è fallace, il giudizio è difficile”. Ma, si sa, gli artisti fanno sempre man bassa di tutto e tutti, per mistificare le cose e darci poi di esse una diversa visione…

Ora, caro lettore, cominci a stancarti di queste digressioni. Lo sai perché lo faccio? Per distrarti un po’ e poi darti la stoccata finale, come si fa con il fioretto.
Allora, torno all’argomento di cui sopra: “l’arte, perché?”.
Risposta consequenziale: “Perché dice una delle infinite verità sul mio e sul tuo essere nel mondo.”
Lo so, lettore, ti leggo nella mente, quale sarà la tua obiezione: “La verità non esiste” e io ti dico che sono d’accordo, perché l’arte è ambigua come la vita. E per fortuna! Infatti, se avessimo tutto bell’e pronto, dove collocheremmo la sua malia e quella della vita?
L’arte, al pari della vita, infatti, può essere affascinante e disgustosa, celestiale e diabolica, limpida e torbida, luminosa e oscura...
Ergo, ne consegue, come tu stesso, lettore, stai arguendo in questo stesso istante, che dice menzogne e verità.
Ma, mentre la vita scorre nei termini opposti di cui sopra, e tu non puoi farci niente, l’arte è facoltà dell’uomo che cerca la “sua” verità, che non è fuori di lui, ma appartiene al suo contesto antropologico, che è poi anche il mio e il tuo.
A questo punto, la prima ricetta: immaginiamo di essere stupiti dinanzi allo spettacolo del mondo, a cui aggiungiamo un pizzico di fantasia.
“Allora siamo noi con così poco a produrre arte?” Stai pensando, lettore?
Troppo facile e troppo bello! È vero, abbiamo percepito una delle tante verità del reale e, una volta intuitala, possiamo esprimerla in qualche modo.
Quindi, dove sta l’inciampo?
Mi limito solamente all’arte. Una prima domanda: “Siamo dotati di capacità pittoriche, scultoree?” Ed ancora, le nostre capacità sono tali da riuscire ad estrinsecare una forma consona al nostro pensiero?
Come sostenne quel buon filosofo che ci martoriò sui banchi della scuola e che porta un nome assai simbolico per le nostre ambasce scolastiche: “Croce” e, come se non bastasse, anche Benedetto. E pensa se fosse stata donna. Benedetta Croce!
E qui mi fermo per aggiungere ancora una risposta alla tua fin troppo logica domanda, caro lettore: “Cosa estrinseca l’arte?”
E sì che la so lunga. La prossima volta parlerò di che cosa sia il perturbante in arte e nella vita.
Per ora siamo solo all’inizio e quindi torno alla Gioconda, quella originale. Essa ti svela la sua bellezza e tu ne godi, ma ti vela, per esempio, il cammino che l’artista ha fatto per raggiungere quella perfezione e non un’altra, e forse quel cammino è nascosto nel paesaggio o in qualche altra parte… Ma una cosa ti deve risultare lampante: che non basta guardare per ammirare un bell’oggetto, è necessario anche “vedere”, e quello che tu e io vediamo o non vediamo è il destino e la condanna dell’artista che è uno dei pochi a vedere. Cosa?
Il “Nulla”. Bada bene non il “niente”.
E non ridere, lettore, se mi servo proprio di questa parola che ti sembra assurda.
Se ci pensi bene nel Nulla, “proprio là dentro”, in quell’ abisso oscuro, c’è tutto quello che è stato detto e fatto, ma anche tutto quello che “si dirà” e “farà”. Quindi, come stai arguendo, attento lettore, qui, in quest’ultimo contesto, “pesca” l’artista e strappa al Nulla qualche piccola verità, e, come potrai immaginare, questo è davvero “cosa dura”.
Lo sai certamente: l’opera di quelli che furono loro servitori e cioè gli artisti.
È la rivincita dell’arte, della musica, della parola e, anche quando con le opere avrà banchettato il Tempo, resta la fama… (il Colosso di Rodi, il faro di Alessandria e via elencando) perché l’arte ha la memoria lunga ed è la storia che l’ha corta e quasi mai è “magistra vitae”.
Lidia Pizzo


